giovedì 30 maggio 2013

Kirghizistan e ingresso in Cina.

24 Maggio. Alle 11.00 siamo già in Kirghizistan. È stata la dogana più semplice e rapida del viaggio: nessun modulo, nessuna dichiarazione e controlli ridottissimi. Se non dovessimo riuscire a entrare in Cina questo è decisamente il luogo ideale per vendere la Passat e uscire dal paese senza che nessuno se ne accorga. In dogana incontriamo un gruppetto di ciclisti olandesi che sta pedalando attraverso l’Asia passando di università in università. Hanno molti contatti locali e si offrono di darci una mano a far girare la voce tra studenti e famiglie nel caso dovessimo vendere l’auto.

Pranzo a base di frittelle nel bazar di Osh.
Nel pomeriggio imbocchiamo la Pamir High Way verso sud e ci dirigiamo verso il confine cinese.
Veniamo fermati da quattro finti poliziotti in borghese che cercano prima di ottenere i nostri passaporti, poi di entrare in auto e infine di prendere le chiavi. Qualche minuto veramente poco piacevole ma alla fine riusciamo a filarcela senza inconvenienti.

Trascorriamo la notte riparandoci dalla pioggia in un rudere abbandonato dove ci affumichiamo per bene tentando di fare un fuoco al chiuso con legna verde e bagnata. Abbiamo finito il gas da 2 settimane e da allora abbiamo sempre cucinato raccogliendo la legna e accendendoci un fuoco.

Bazar di Osh. Una delle tante bancarelle che ha attirato la nostra attenzione.


Bazar di Osh. Uno dei classici snack per i locali: palline di yogurt concentrato.


Sulla strada per la Cina. Il primo passo a 2400metri. 

Notte nella casetta tra le montagne.


25 Maggio. Trascorriamo la mattinata, aspettando che spiova al riparo nella nostra casetta, giocando a briscola e mangiando frittelle. Alle due riprendiamo la strada per il passo che sale oltre i 3600m di quota. La pioggia si trasforma in nevischio e poi in bufera. Continua a nevicare e la strada è completamente bianca e quasi deserta ma fortunatamente riusciamo a passare il valico senza problemi. Se non riusciremo ad entrare in Cina probabilmente sarà necessario aspettare parecchi giorni prima che il passo sia di nuovo percorribile per tornare in città a vendere l'auto. 

Il paese dove speravamo di trovare una connessione ad internet è composto da meno di venti case, la maggior parte delle quali non si possono definire tali.
 
Decidiamo di proseguire fino al confine sperando di perdere quota e uscire dalla bufera. La dogana è chiusa per il week-end. Ci aspettano due gelide notti in tenda a 3000m prima di poter tentare l’attraversamento. Se non altro a questa quota ha smesso di nevicare.


Inizia a nevicare seriamente. Crescono le preoccupazioni.

Quasi in cima al passo, 3600m e tanta neve.

Verso il passo. 84km, pendenza media 8%.

Usciti dalla bufera, si torna verso valle.

Pochi km dal confine cinese.




26 Maggio. Giornata di ozio nei pressi del confine. Ne approfittiamo per fare qualche semplice ma necessaria riparazione.

Riparazioni in dogana. Rampa artigianale per sollevare bene l'auto.


Il villaggio della dogana.


27 Maggio. La mattina presto mi avvio da solo verso la dogana cinese. Abbiamo deciso di tentare l’ingresso in Cina separatamente in modo da avere qualche chance in più di riuscire a passare con l’auto. In questo modo speriamo che i doganieri possano avanzare meno pretese potendo contare su un solo portafogli di un giovane studente Dopo un paio d’ore di discussioni riesco ad ottenere il permesso per staccare le targhe e proseguire al controllo successivo con la speranza di riuscire a passare con una generosa ma limitata mancia.

Parlando con uno dei doganieri vengo però a sapere che i 500 euro di “budget corruzione” che avevamo preventivato non sarebbero quasi sicuramente bastati e che per tentare la sorte al secondo posto di controllo avrei dovuto percorrere quattro ore di sterrato tra le montagne. Inoltre, in caso di esito negativo, mi sarei ritrovato senza il visto per rientrare in Cina una volta venduta l’auto.
Non sapremo mai come sarebbe andata a finire ma forse per questa volta è meglio aver desistito. 
Così non rischieremo di essere ospitati in una prigione cinese per aver tentato di importare un'auto illegalmente.

Nel pomeriggio riattraversiamo il passo che porta ad Osh che fortunatamente è ancora aperto. Appena arrivati in città ci lanciamo in una serie di trattative per la vendita dell’auto. Finiamo a dormire a casa del proprietario di una compagnia di autobus kirghisa che sembra interessato all’acquisto della Passat.

Incredibile a dirsi ma una Passat del ’97 in Kirghizistan vale oltre i 4000 dollari.

(Purtroppo per la reimmatricolazione di un veicolo con più di 13 anni sono necessari 3200 dollari. Visto che l’auto va cancellata dal registro italiano e reimmatricolata in quello locale il prezzo di vendita crolla vertiginosamente.)

Si torna ad Osh, si va a vendere la Passat!


Sulla strada per Osh.

28 Maggio. Finiamo col vendere la Passat al proprietario di un autolavaggio che è disposto ad offrire 1000 dollari per il mezzo (gli viene così a costare 4200 dollari).

La giornata passa lentamente tra traduttori, notai e uffici vari. L’ufficio della motorizzazione è un piccolo prefabbricato appoggiato a bordo strada vicino al bazar delle auto. Il responsabile mi accoglie con un saluto seguito da “sorry tired, yesterday many many long beer, twenty!”. Vi lascio immaginare come è finita la compilazione delle pratiche in russo.

Abbandoniamo la Passat: 82 giorni, 12 stati, 10 forature, 850 litri di carburante e 19000km dall’inizio del viaggio. Da domani si prosegue a piedi!
 
In serata Abdivali, il nuovo proprietario, ci fa riaccompagnare fino al confine da un suo amico. È la terza volta che percorriamo i 270 km che separano Osh dalla dogana cinese e questa volta speriamo sia l’ultima.

Dormiamo per la prima volta a pagamento affittando un container ai poliziotti della dogana.


Il passaggio di proprietà. La targa torna a casa con noi per cancellare l'auto dal PRA.

29 Maggio. Sveglia alle 8.00 per l’apertura della dogana. Alle 16.00 siamo finalmente all’ultimo posto di controllo cinese dove partecipiamo ad una messa in scena incredibile.

Ci fanno aspettare due ore pronti a sfilare davanti al bancone del controllo passaporti per l’uscita dalla Cina. La recita deve essere perfetta perché al momento dell’azione saremo in video conferenza con una riunione dove è presente il capo della dogana (che non è al corrente di tutto ciò). L’obbiettivo di questa incredibile quanto illegale montatura è far sì che la frontiera rimanga aperta anche di pomeriggio nonostante lo scarso traffico di merci e passeggeri.

E pensare che un paio di giorni fa avevamo deciso che con i cinesi non fosse il caso di scherzare tentando di entrare con la macchina senza aver pagato quegli 8000 dollari per i documenti ufficiali…

Trascorriamo la notte a Kashgar in un ostello nella città vecchia. Finalmente abbiamo a disposizione una connessione Wi-fi. Purtroppo internet è nuovamente filtrato. Per fortuna ho ancora tutti i programmi usati per le connessioni in Iran che permettono di aprire blogger e e-mail. (Per Facebook non hanno alcun effetto, ci dovremo procurare il proxy adatto...)


Fraintendimento con il nostro tassista. Quello sullo sfondo non è decisamente l'ostello che stavamo cercando...

Uzbekistan: da Buxoro al confine kirghiso.


18 - 19 Maggio. Dopo una poco riposante notte molestati dalle mosche e le zanzare della locanda ci rimettiamo in viaggio all’alba per permettere al proprietario di aprire  ai primi camionisti di passaggio. 

Nel pomeriggio arriviamo a  Buxoro (Bukhara), qualche passeggiata nei bazar ed è già notte.

Dopo aver chiesto il permesso al ristoratore, piantiamo la tenda nel retro di una locanda vicino al mercato dei tessuti.

Dedichiamo la mattina successiva a qualche piccola riparazione fai da te e al cambio olio del motore. Nel pomeriggio facciamo un giro nel centro storico dove incontriamo tre simpatiche ragazze di Tashkent (capitale uzbeca) che sono a Buxoro per il week-end.

Trascorriamo la notte fuori città in un frutteto pronti a dirigerci verso Samarqand (Samarcanda) la mattina seguente.

Centro storico di Buxoro, una delle numerose cupole.

Pomeriggio in compagnia.


Letto nel frutteto. Di solito i locali coprono questi "tavoli" con tappeti e  materassi e li usano per consumare i pasti.

Risveglio nel frutteto. Noi siamo in vacanza ma c'è anche chi deve andare a scuola.


20 Maggio.  Visitiamo Samarqand, famosa e antichissima città che ha sempre rappresentato uno degli snodi principali lungo la via della seta.

La passat ha raggiunto i 300.000km e non dà cenni di cedimento.

Notte riparati dalla pioggia sotto la tettoia di un casolare di campagna. 
 
Samarqand. Uno dei più bei complessi architettonici della città: il Registon. 

Cortile del Registon al centro delle tre medresse (scuole).

Registon. Cortile interno di una delle medresse.

Complesso funebre. Classica cupola di uno dei mausolei.
 
21-22 Maggio. La mattina arriva la polizia per un controllo. Dopo una rapida registrazione ci lasciano ripartire in direzione di Tashkent. Abbiamo deciso che questa sera faremo un salto nella civiltà e andremo a ballare in uno dei numerosi locali della capitale uzbeca. Nel pomeriggio ci laviamo in un fiume dal colore poco rassicurante; se non puliti, dobbiamo essere almeno presentabili.

È martedì sera ed il locale è pieno, il tassista a cui abbiamo chiesto indicazioni ci ha consigliato bene. Dopo poco ci rendiamo conto che molte facce nel locale non sono proprio  rassicuranti e quasi tutte le ragazze hanno l’aria di essere lì per lavorare più che per divertirsi. I nostri sospetti diventano certezze dopo neanche una mezzora quando arriva la prima offerta molto esplicita.

Pensavamo di trascorrere la notte in macchina ma alla fine veniamo ospitati da un ragazzo con cui ci mettiamo a chiacchierare fuori dal locale. Tornando a casa ci dà conferma dei nostri sospetti spiegandoci che a Tashkent le ragazze “per bene” non escono la sera e che nelle discoteche ci sono quasi solo prostitute.


Il pomeriggio successivo ci svegliamo in una villetta di campagna. Il nostro amico si è appena laureato e oggi ha un colloquio di lavoro alla banca centrale. Attendiamo il suo ritorno giocando a carte e a ping-pong con il fratello.

(sulla strada per Tashkent ottava e nona bucatura. La seconda con uno squarcio che porta alla luce l’anima in acciaio del copertone)

Luogo ideale per una doccia prima di entrare in città.

Raduno di una cinquantina di camion carichi di cipolle. Questa immagine la dice lunga su quanto vengano utilizzate nella cucina locale.
23 Maggio. Ci mettiamo in marcia la mattina presto e perdiamo un’ora in città girando almeno una ventina di benzinai alla ricerca di un po’ di carburante. Non siamo riusciti a capire la ragione ma metà dei distributori sono falliti e anche in quelli aperti il diesel è assolutamente introvabile. In Uzbekistan quasi tutti i mezzi a motore (camion compresi) funzionano a metano. Alla fine riusciamo a farci riempire la tanica da venti litri da un camionista iraniano di passaggio; dovrebbe essere abbastanza per uscire dal paese.

Proseguiamo verso sud est in direzione della fertile e verde valle di Fergana. La sera ci fermiamo davanti ad un canale artificiale e ci tuffiamo per una rinfrescata. Mentre siamo in acqua arrivano un paio di bambini tutti sorridenti che dopo poco iniziano a lanciare delle urla poderose per richiamare gli amici dai campi e dal villaggio.

Trascorriamo la sera circondati da una folla di bambini e ragazzi incuriositi. Ogni volta che qualcuno se ne va, richiamato per la cena, ne spuntano almeno altri due dal nulla.  Mentre stiamo facendo il fuoco per cucinare arriva anche un bambino con il papà che ci porta un ottimo piatto di plov: riso con carne e verdure corredato da due teste d’aglio intere.

Alle 5.00 di mattina, con le prime luci, macchina e tenda sono circondate da un nuovo gruppo di ragazzi che la sera prima non erano potuti venire e vogliono assolutamente fare qualche foto con noi.
 
 
Il canale artificiale dove ci lasciamo trasportare sul materassino tirati dalla forte corrente. Composizione del liquido: 90% fango, 10% acqua.

Primo turno. Sera.


Secondo turno. Notte.

Terzo turno. Mattina.
 

sabato 18 maggio 2013

Attraversamento del Turkmenistan e ingresso in Uzbekistan

13 Maggio. Alle 10 lasciamo il consolato con il visto in tasca e ci dirigiamo verso il confine. Ultimo pieno di diesel da 3 euro e siamo pronti a lasciare il paese. Dopo infinite discussioni con i doganieri iraniani riusciamo a superare il confine e passare al lato turkmeno. Per la prima volta ci fanno smontare tutti i bagagli e fanno un controllo quasi serio del veicolo. (In Iran, dopo aver aperto le portiere ed il bagagliaio erano scappati senza aver neanche provato a sollevare una delle borse puzzolenti). Quasi tutti i doganieri sono ragazzi tra i 16 e i 20 anni e per fortuna uno di loro parla qualche parola di inglese. Dopo una serie di bollettini e pagamenti vari ci viene rilasciata una mappa con segnato un percorso al quale attenerci. Usciamo dalla dogana al calar del sole e ci avviamo verso nord seguendo l’unica strada esistente. Incrociamo quattro posti di blocco nel giro di un’ora e veniamo fermati ogni singola volta. Ormai esausti, decidiamo di trovare un campo dove fermarci e piantare la tenda per la notte.

(Dopo un mese in Iran finalmente birra e pantaloncini corti)


Ultimi cartelli iraniani pochi chilometri prima della dogana turkmena


14 Maggio. Decidiamo di provare a uscire dal percorso assegnatoci per attraversare il paese seguendo la strada che passa dalla capitale. Per fortuna va tutto liscio. Ad Ashgabat veniamo fermati dalla polizia numerose volte ma riusciamo a non mostrare mai la cartina. Un poliziotto ci ferma con tanto di sirena per venire a lamentarsi della scarsa pulizia della nostra auto, ma non parlando inglese rinuncia a multarci. (E pensare che essendo a conoscenza di questa legge l’avevamo anche lavata subito prima di attraversare il confine!)

Ashgabat, 10.30 di mattina, 36 gradi all’ombra. La capitale sembra una città fantasma. Le strade sono pulitissime e gli edifici sono tutti perfettamente bianchi e scintillanti. Nelle vie del centro nessuno cammina per strada e ci sono poliziotti ogni cento metri per verificare che non vengano scattate fotografie. Le strade sono a quattro o sei corsie ma senza la possibilità di parcheggiare o sostare e sono anch’esse quasi deserte. L’atmosfera è surreale. Perfino nel cortile dell’immenso complesso universitario incontriamo pochissimi studenti. Ci viene il dubbio che sia un giorno di festa nazionale ma non è così. Sembra che questa sia la normalità.

(Di trovare una connessione ad internet non se ne parla)

L’ex presidente Niyazov ha cosparso la città di statue in oro che lo rappresentano. Durante il suo mandato ha iniziato la costruzione di un’infinità di palazzi e monumenti moderni nella capitale(tutti rigorosamente bianchi), senza curarsi del resto del paese che, per quanto abbiamo visto, cade tuttora a pezzi. Oltre a queste ambiziose opere architettoniche aveva dato ai mesi dei nuovi nomi ispirati ai membri della sua famiglia, vietato l’ascolto della musica in auto e promosso altre numerose folli iniziative. Dopo una visita in un paesino nel deserto che non è risultato di suo gradimento ha persino deciso di raderlo al suolo e farlo cancellare dalle mappe!



Nonostante l’attuale presidente sia decisamente più moderato e sobrio del suo predecessore, le sue foto appaiono numerose in ogni angolo del paese.
Ashgabat. I palazzi bianchi e le strade deserte della capitale.


Una delle decine di costruzioni volute dal presidente.


L’ex presidente ritratto da bambino (in oro) seduto sul mondo. Modesto e umile…

Ashgabat. Uno degli immensi e numerosissimi uffici governativi.


Ashgabat. Un altro degli immensi e numerosissimi uffici governativi.

Il cambio della guardia. Come tutte le altre foto, scattata da sotto la maglietta approfittando di un momento di distrazione.
 


Nel pomeriggio ci avviamo verso nord alla ricerca degli spettacolari crateri di Darvaza. La segnaletica è completamente assente in tutto il paese. L’unico modo per muoversi per il Turkmenistan è chiedere informazioni ad ogni incrocio. La strada è devastata da buche, solchi e sassi che rendono la guida poco piacevole. Lungo i 250 km che percorriamo verso nord incontriamo numerosissimi camion fermi a bordo strada per guasti; al tramonto ci dobbiamo fermare anche noi per una foratura.

Poco dopo aver riparato il cerchione accostiamo per chiedere informazioni ad un posto di blocco. Siamo almeno 500 km fuori dall’itinerario consentito ma per fortuna non ci chiedono di controllare i documenti. Il poliziotto risponde alla nostra domanda e ci fornisce delle informazioni molto chiare sul come raggiungere il cratere. Quattro parole: Gps, Jeep, No Car!

Aspettiamo il buio e puntiamo il bagliore del cratere seguendo una sterrata. Un’ora più tardi siamo arenati su una pista sabbiosa senza possibilità di andare da nessuna parte. Poche possibilità di scelta. Piantiamo la tenda per la notte e, dopo una abbondante cena, ci avviamo a piedi verso il cratere. Alle quattro di mattina siamo di ritorno alla macchina dopo un’escursione che sarà difficile dimenticare.



Il cratere noto come "Mouth of Hell" si trova abbandonato in mezzo al deserto in fondo ad una pista sabbiosa. Sull’orlo del precipizio, attirati dalla luce e dal calore, continuano a schiantarsi al suolo degli insetti incredibili con dimensioni e rombo da elicotteri.

Il cratere è il risultato di alcuni esperimenti sovietici degli anni ’50. Probabilmente dei tentativi mal riusciti di estrarre il gas da un giacimento che ancora oggi alimenta questo fuoco perenne.

15 Maggio. Alle otto siamo già in piedi per il caldo. Dopo una buona mezzora di scavi riusciamo a liberare l’auto dalla sabbia e percorrere quel tratto di pista sabbiosa in cui eravamo finiti la notte precedente. Ci avviamo verso il confine nord con l’Uzbekistan; il visto di transito che ci hanno concesso (l’unico ottenibile) scade domani.

Usciti dalla zona desertica ci fermiamo per un bagno rinfrescante in un fiume e ne approfittiamo per farci anche uno shampoo. Dei pescatori locali ci invitano a fermarci per un tè lungo la sponda del corso d’acqua.

Trascorriamo la notte ospitati nel cortile di una casa di campagna nei pressi del confine.



Scavi per permettere alla Passat di prendere velocità e galleggiare sulla sabbia per qualche decina di metri. Oramai abbiamo affinato la tecnica!

Quarta bucatura del viaggio. Anche se può sembrar strano le ruote si riparano a martellate. In realtà non si tratta di buchi nella gomma del copertone ma di terribili ammaccature dei cerchioni che fanno uscire l’aria in un sol colpo. È sufficiente quindi riportare il cerchione alla sua forma originale e rigonfiare la ruota.

16 Maggio. Intera mattinata in dogana. Risolviamo con qualche dollaro extra i problemi per esserci presentati ad una dogana dall’altra parte del paese rispetto a quella prevista. Nel primo pomeriggio siamo già liberi.

In Uzbekistan il taglio più grande vale 30 centesimi di euro. Quando si cambia anche solo qualche decina di euro si riceve un pacco di banconote che è veramente difficile nascondere.

Mentre tentiamo di cambiare soldi al mercato nero del bazar di Nikis incontriamo Roman: un simpatico ragazzo locale che ci porta a fare un tour della sua città e ci ospita per la notte.

Ci racconta alcune storie interessanti sul suo paese. Ci parla di repressioni passate sotto silenzio e dei parecchi problemi nella gestione delle ricchezze naturali del paese.

Tra le varie curiosità ci racconta anche che in autunno tutti i dipendenti pubblici e gli studenti vengono chiamati a lavorare nei campi per la raccolta del cotone. Nessuna possibilità di rifiutarsi di andare se non pagando trecento dollari (cosa che quasi nessuno può permettersi di fare).

 

Cena da Roman. Ragazzo conosciuto nel bazar di Nikis.

 
17 Maggio. Visita alla cittadina fortificata di Xiva. È da quando siamo entrati in Uzbekistan che stiamo cercando del diesel ma sembra che tutte le pompe di benzina siano chiuse. Per fortuna abbiamo circa 1900 km di autonomia e per ora siamo ancora abbastanza tranquilli.

 

Dopo cena il locandiere ci permette di coricarci per la notte sui tappeti e materassi sui quali di solito ci si siede per mangiare. Ottima sistemazione.

Le strade sono terribili. La statistica bucature sta degenerando: 6 nell’ultima settimana. (7 dall’inizio del viaggio)

Pompa di benzina super. Il diesel è introvabile in questa zona del paese.


Xiva. Mura esterne della cittadina fortificata.



Xiva. Minareto incompleto.


Tre simpatici vecchietti conosciuti all’ombra di un albero in una piazzetta di Xiva.
 

Sulla strada per Mashhad

 
9 Maggio. In mattinata ritiriamo i visti cinesi senza intoppi e proviamo a chiedere nuovamente chiarimenti sul passaggio in frontiera con un veicolo privato. Nessuno è in grado di fornirci informazioni utili a riguardo. La faccenda si fa sempre più misteriosa e confusa; possibile che perfino al consolato non sappiano dirci niente?

I due tedeschi incontrati settimana scorsa ci hanno detto che è richiesto un pagamento di 8000 dollari per avere i permessi di importazione per una durata massima di tre mesi. Come se non bastasse, sembra che sia necessario ottenere una patente ed una targa locale. Oltre ai costi proibitivi, ci vorrebbero tre mesi per mettere tutto in regola. Impossibile!

Nel pomeriggio ci avviamo verso nord-est sulla strada per Mashhad. Avvicinandosi al Caspio si entra in vallate ricoperte da una fittissima giungla. Man mano che si fa sera il tempo continua a peggiorare e la pioggia diventa sempre più insistente. Troviamo riparo in riva al mare dentro un casolare abbandonato che un tempo era stato un allevamento di galline. Gran cena con una grigliata di 1,5kg di spiedini di manzo e solo mezzo chilo di pasta al sugo (solitamente ne facciamo 1kg in tre). Concludiamo la serata con un film horror di Carpenter seduti al buio tra le file di gabbie vuote.


 

Sulla strada che da Tehran porta verso Shahr.



Rifugiati nel capannone dopo la cena. Migliore ambientazione per la visione di un horror. (Il seme della follia, Carpenter, 1995)


La mattina seguente. Batterie da 1920 galline per capannone.


10 Maggio. Seconda giornata sulla strada per Mashhad. In mattinata breve sosta per una passeggiata nella foresta alla ricerca della cascata di Kabud.
È ora di pranzo. Siamo a corto di valuta iraniana e sembra impossibile trovare qualcuno disposto a cambiarci qualche Euro in Rial. Mostriamo tutto quel che ci rimane ad un ristoratore locale che, felicissimo di avere degli ospiti stranieri, ci imbandisce una tavola incredibile. Dopo il pasto ci offre un paio di distillati casalinghi che, più che al whisky, assomigliano ad alcol da pavimenti.
Indicandone la foto appesa sopra il bancone, il proprietario fa segno un paio di volte di voler tagliare la gola a Khamenei ed esprime a gesti tutto il suo disprezzo per il governo attuale. Gli altri ospiti della locanda non fanno una piega; probabilmente non la pensano molto diversamente.
 
Nel pomeriggio usciamo dalle valli della giungla. La separazione tra i due climi è nettissima: nel giro di un paio di km scompaiono alberi e nuvole e ci troviamo di nuovo al sole nelle aride distese di sassi ed arbusti.
 




Cascata di Kabud nella giungla sulla costa del Mar Caspio.




Le verdi vallate lungo la strada per Bojnurd.
Notte in tenda qualche km dopo essere usciti dalla giungla.



11 Maggio. Sveglia presto per coprire quei 350km che ci mancano per arrivare a Mashhad. Ogni anno oltre venti milioni di pellegrini arrivano in questa città santa per visitare il mausoleo dell’Imam Reza. Il complesso è immenso ed è facile perdersi tra i numerosi cortili e le sale per le preghiere. I muri esterni sono interamente ricoperti di mattonelle dipinte di ogni tonalità di azzurro e blu. Le volte degli interni sono tappezzate con frammenti di specchi che fanno brillare tutte le sale. È magnifico ma, purtroppo, la macchina fotografica non è ammessa.



Questa notte siamo ospiti da Aghil: un ragazzo ventiseienne che abita in una casetta in mezzo al verde nella periferia nord di Mashhad.

(seconda bucatura entrando in città. Una al mese è una buona media. )
 


Le vie del centro di Mashhad.




Mashhad. Uno degli ingressi dell’immenso mausoleo dell’Imam Reza.
 
 
12 Maggio. Arriviamo davanti al consolato turkmeno in orario di apertura. Peccato che oggi fosse giorno di chiusura. Rimandiamo a domani il ritiro dei visti e usciamo dalla città per andare a visitare un paesino nelle vicine valli.
Nel pomeriggio ci rilassiamo in un affollatissimo parco cittadino. Questi spazi sono spesso forniti di numerosi tavoli da ping-pong pubblici. Cogliamo l’occasione per sfidare dei ragazzi locali.
La sera torniamo a dormire dal nostro amico. Aghil lavora per una ditta che esporta le sue merendine anche all’estero e ne approfittiamo per chiedere qualche informazione in più sul funzionamento dell’embargo. I problemi principali sono legati ad importazione ed esportazione di materie prime. Per i prodotti finiti la morsa sembra essere più rilassata. In alcune città abbiano persino trovato degli Apple Store (anche se poco forniti e probabilmente non ufficialmente autorizzati).
Uno degli effetti più disastrosi dell’embargo è sul valore della moneta locale. Siamo in Iran da quasi un mese e da quando siamo entrati il valore di un euro è passato da 45000 Rial a 48000 Rial (potere di acquisto degli iraniani diminuito di più del 6,5% in un mese!!)
Arrivando con una moneta così potente a noi risulta tutto estremamente economico ma per i locali la situazione è terribile. La vita in Iran diventa sempre più costosa e andare all’estero è fuori discussione anche per la classe media benestante.




Kang. Paesino terrazzato in fondo ad una valle nei pressi di Mashhad



F
inalmente l’ultima visualizzazione della pagina di censura che si apre in automatico quando si tenta di aprire un qualsiasi sito considerato inadatto (blogger, facebook, google translate, google maps fanno tutti parte della lista nera)