domenica 28 aprile 2013

Problemi di Connessione!


Abbiamo passato una settimana nel deserto e in montagna e ora siamo sull'isola di Qeshm, nel sud dell'Iran di fronte a Dubai. Tra proxy, filtri e connessioni lentissime ci è stato impossibile caricare l'ultimo post.
Speriamo di riuscire al più presto. Probabilmente da Shiraz tra tre o quattro giorni.

sabato 20 aprile 2013

Tehran e Qom


15 Aprile.  Grandi chiacchierate con una gentilissima ragazza ed i suoi amici. Mi raccontano moltissime storie affascinanti su questa famosa doppia vita dei cittadini di Tehran. In strada la situazione è esattamente quella che vi potreste immaginare. Le donne non sono autorizzate a mostrare altro che mani e viso. Non possono sedersi vicino agli uomini in autobus o stringer loro la mano per presentarsi. Quando sono in pubblico non possono nemmeno fumare.  La prima volta che infrangono leggi di questo tipo vengono arrestate e rilasciate su cauzione, la seconda volta la multa diventa molto più seria e la terza rimangono dentro.
Ci sono sicuramente le famiglie che nella vita privata mantengono lo stesso comportamento integro ed impeccabile ma, a casa, moltissime persone si comportano e si vestono esattamente come in Europa. Esiste un utilizzatissimo sistema di consegne che permette di farsi facilmente portare direttamente a casa qualsiasi bene illegale di cui si voglia disporre.


Le insegne dei bagni di un benzinaio.


16-17 Aprile. In mattinata arrivano i due amici da Milano, da oggi siamo in tre!
Due giorni imbottigliati nel traffico cittadino di Tehran insieme ai sui 15 milioni di abitanti. La città è immensa e per andare da un’ambasciata all’altra l’unico mezzo utilizzabile è la macchina. Si potrebbe assoldare un taxi con pochi centesimi per farsi scarrozzare in giro tra ambasciate e consolati ma decidiamo di affrontare la città autonomamente. Su entrambe le guide che abbiamo portato ci sono delle pagine intere dedicate a descrizioni del traffico. Questa è la mentalità con cui affrontarlo quando si tenta di attraversare a piedi una strada ad otto corsie: “Se un conducente vi fa le luci non significa necessariamente che vi lascia attraversare; la vostra presenza è stata notata, ma non è detto che debba proseguire su questa terra.”
Sembra che il tasso di mortalità per incidenti stradali a Tehran sia il più alto del mondo.


Passiamo dall’ambasciata italiana all’ufficio iraniano per la modifica ed estensione del visto locale. Poi un secondo ufficio Iraniano, una banca, il consolato cinese, di nuovo l’ambasciata italiana, il consolato italiano, l’ambasciata turkmena, il consolato uzbeco e il consolato turkmeno. Un vortice di burocrazia che ci porta via due giorni senza riuscire ad ottenere nient’altro che le informazioni necessarie per ottenere i visti. Tutti vogliono le lettere di presentazione dal consolato italiano. I cinesi pretendono di trattenere il passaporto per una settimana. Per gli uzbechi è sufficiente la fotocopia del passaporto ma ci impiegano ben due settimane. Gli iraniani non ci danno il doppio ingresso per uscire due giorni a Dubai e non prolungano il visto se non ad un paio di giorni dalla scadenza. Ma i turkmeni sono i migliori: rilasciano solo il visto di transito per tre o cinque giorni, con date e dogane d’ingresso ed uscita fissate. Di conseguenza, visto che devi uscire dal loro paese in un brevissimo tempo, non accettano la domanda per il visto fino a quando non hai ottenuto quello d’ingresso nel paese successivo. Nel nostro caso significa iniziare la domanda tra due settimane quando avremo in mano (forse) il visto uzbeco.



18 Aprile. Riusciamo a farci ricevere dal consolato uzbeco. Orario di apertura ufficiale 9:00-11:00  dalla domenica al giovedì. È la seconda mattina che siamo qui, questa volta con tutti i documenti pronti. Esattamente come il giorno precedente prima delle 9.45 non c’è modo di entrare.  La ricezione avviene sulle scale davanti ad una porta socchiusa dalla quale si affaccia una signora in pelliccia che ci ritira i moduli e le foto e ci dice di ripresentarci il 5 maggio.
A causa di una fortissima inflazione locale i visti devono essere pagati tutti in euro o in dollari. In particolare, per il Turkmenistan, solo dollari emessi dopo il 2006!

Nel pomeriggio fuggiamo dal caos cittadino e andiamo a piantare la tenda in una steppa davanti ad un immenso lago salato. Fortunatamente tre ragazzi locali che si trovavano lì per caso ci distolgono dal tentativo di avventurarci in auto sulla superficie apparentemente solida del lago. Poche decine di metri dopo il punto dove avevamo fatto il sopralluogo ci mostrano le tracce della loro auto affondata nel fango il mese precedente.


Lago Namak.


Mattina tra le steppe che circondano il lago salato.



19 Aprile. Giornata trascorsa passeggiando tra le vie di Qom. Questo paese è un’importantissima meta religiosa per gli iraniani. La rivoluzione del ’79 è partita proprio da questi palazzi, dove l’ayatollah Khomeini studiava i testi sacri. Questa città viene ancora oggi considerata come il quartier generale del clero integralista che detiene il potere nel paese dal 1980.

Nelle strade di Tehran la maggior parte delle donne indossa foulard colorati che, sempre rimanendo nei limiti di legge, lasciano scoperta la testa quanto più possibile. A Qom le donne sono tutte rigorosamente vestite di nero e con i capelli ben coperti dallo chador.

Nella moschea incontriamo un giovane teologo che, intercedendo per noi presso la guardia che ci aveva precedentemente respinto, ci porta nei cortili interni del centro fisico e spirituale del paese: l’Hazrat Masumeh.


Donne di Quom davanti all’Hazrat Masumeh.


La preghiera del venerdì. Quando lo spazio all’interno non è sufficiente si srotolano dei tappeti anche in strada.

Donne iraniane per strada.




L’unico negozio di Qom aperto di venerdì pomeriggio, probabilmente c’è molta richiesta di pentole…


Nel pomeriggio usciamo dall’autostrada lungo uno stradino sterrato che ci porta in mezzo a delle aridissime montagne dove passiamo la notte intorno al fuoco.

Alla ricerca di una vallata dove passare la notte riparati dal vento.


Notte in tenda tra le montagne.

domenica 14 aprile 2013

Dogane, Dogane ed ancora Dogane….


10 Aprile. Finalmente ho tutti i documenti in regola per entrare in Iran. Questa mattina ho ritirato all’ufficio Fed-Ex di Tbilisi il tanto agognato Carnet de Passage en Douane.
Si tratta di un passaporto per veicoli che viene rilasciato dall’ACI a fronte del versamento di una cauzione pari a tre volte il valore stimato dell’auto. In questo modo, se dovessi vendere o abbandonare la cara Passat in uno stato che prevede tale documento, quello stesso stato avrebbe la possibilità di richiedere come risarcimento i soldi della mia cauzione. 

Nel pomeriggio tosatura di barba e capelli in previsione della frontiera iraniana. Ogni volta che mostro il passaporto guardano con sospetto la foto del quindicenne in prima pagina e poi mi chiedono sempre se ho un secondo documento.



11 Aprile. Fallisce il mio piano di attraversare l’Armenia per entrare in Iran. Appena arrivato al confine scopro che, per entrare nel paese, è necessario pagare un’onerosa tassa annuale per la circolazione e l’assicurazione del veicolo. Dopo aver provato a trattare, saluto gentilmente i doganieri armeni e rientro in Georgia per dirigermi verso il confine turco.  Per evitare ulteriori brutte sorprese chiedo se la strada per il confine vicino sia percorribile o ancora chiusa per innevamento. Sorridono e mi dicono di proseguire sereno che non c’è motivo di preoccuparsi.

Procedo tutto il pomeriggio su una serie di strade senza segnaletica. Varie volte mi trovo a tornare indietro su sterrati trasformati in letti di torrenti dalla forte pioggia. In serata raggiungo finalmente il confine turco sotto una leggera nevicata. La dogana non esiste più e la strada è sbarrata.  Altri 150 km per arrivare infine ad una vera dogana. Passo la notte al confine in attesa dell’apertura mattutina.

I pianori turchi nella zona vicino al confine armeno.

12 Aprile. Nuovamente in Turchia per un giorno. Nel pomeriggio tento con scarsi risultati di scaricare un programma per poter utilizzare liberamente internet anche in Iran. Facebook, Gmail, Blogger e molti altri siti sono censurati ed è impossibile accedervi legalmente dall’interno del paese. Il trucco sta nel connettersi tramite un “server proxy” alternativo che risulta esterno all’Iran e riesce quindi ad aggirare il blocco del governo.
Seconda notte in frontiera. Questa volta ai piedi dei 5137 metri del monte Ararat. Purtroppo la cima è perennemente avvolta tra le nubi.


13 Aprile. 8.00 di mattina. Alla frontiera turca, insieme ai poliziotti, si presenta un signore ben vestito che inizia ad elargirmi saggi consigli a non finire. Concluse le raccomandazioni sull’Iran mi propone di cambiare dei soldi ad un tasso conveniente. Il tasso sulla Lonely del 2008 è 1: 13.000 e lui mi propone 1: 25.000. Sembra buono ma prima vorrei controllare il tasso attuale: in cinque anni può essere successo di tutto.  Mi porta nel suo ufficio e su internet trovo 1:16.000 come tasso aggiornato in tempo reale. Anche se la questione mi puzza, decido di cambiare una bella somma spuntando addirittura 1:28000. L’offerta è troppo allettante e mi dimentico una delle regole base: mai cambiare i soldi in dogana.

Finite le formalità dal lato turco entro in Iran lasciandomi chiudere alle spalle un gigantesco cancello. Mi portano da una signora che parla inglese e che mi fa alcune domande sulla mia visione del suo paese. Finito il questionario mi dà alcune informazioni utili: il cambio ufficiale praticato dalle banche è 1:14.000 ma nei cambiavalute per un Euro ti danno 45.000 Rial!

Fortunatamente mi concedono di lasciare tutti i documenti in Iran e tornare in Turchia a cercare il mio caro amico. Era sicuro d’averla fatta franca, nessuno può tornare indietro dopo aver superato il confine. Lo trovo intento a sorseggiare una tazza di çay con gli amici poliziotti. Pochi istanti dopo ho di nuovo tutti gli Euro in mano e mi riaprono i cancelli per l’Iran.

Questa volta è il turno degli iraniani. Mi tengono tre ore in dogana tentando di farmi pagare 400 Euro di tassa sul carburante. Per la benzina non ci sono problemi ma, visto che la Passat è un diesel, mi tocca pagare un contributo extra. Sembra tutto vero, in frontiera conosco un ragazzo tedesco che mi conferma che si tratta di una tassa ufficiale. Essendomi accorto che la signora che mi aveva fatto le domande sulla mia visione dell’Iran era molto preoccupata di come ne avrei parlato una volta tornato a casa, la coinvolgo nella discussione con i doganieri e i militari presenti ed alla fine riesco ad avere libero accesso al paese senza pagare un singolo Euro.

Primo pieno, 71 litri. Grandi problemi anche dal benzinaio che prova a fare la cresta sul rifornimento. Mi riempie il serbatoio a prezzo ridotto con la tessera di un camionista e poi tenta inutilmente di farmelo pagare tre volte tanto.
Ho in tasca una mazzetta da 110 banconote a quattro o cinque zeri. Non ho ancora il colpo d’occhio sui prezzi e, nel casino che si è creato, non ho fatto in tempo a capire quanto mi è costato. Salgo in auto e, mentre mi allontano dalla pompa, converto mentalmente in Euro quella cifra stratosferica: 3 Euro! 

Una mazzetta di banconote a quattro zeri... indovinate quanto ho cambiato?


 
Camion in coda per entrare in Turchia. Sullo sfondo il monte Ararat finalmente fuori dalla cortina di nubi!


Primo paese dopo il confine. Sono in Iran.



Al decimo sorpasso di questa autocisterna non ho resistito e ho iniziato a scattare foto. Siamo a 120km/h in curva con linea continua...


14 Aprile.  Direzione Tehran, verso la casa di una ragazza di nome Noo. Il Couch Surfing ha sempre funzionato molto bene ma nella capitale iraniana mi ha lasciato senza parole. Pubblicando la richiesta con solo due giorni d’anticipo, in 24 ore ho ricevuto nove inviti per i giorni che passerò in città.
Il 16 arriveranno in aereo due cari amici che hanno deciso di prendere parte a quest’avventura per un paio di mesi. In attesa di Fra e Ghimba mi dedicherò a raccogliere un po’ d’informazioni sui vari visti che dovremo ottenere per riuscire a proseguire verso la Cina.


Tre gentilissimi poliziotti che mi danno una lunghissima e dettagliatissima descrizione della strada da seguire. Ovviamente non in inglese ma in farsi.



mercoledì 10 aprile 2013

Dalla Turchia alla Georgia.


4 Aprile. Insieme alla coltivazione di piante da tè, la produzione di utensili da taglio è l’attività più sviluppata nella zona di Surmene. Ho trascorso buona parte del pomeriggio nel negozio di uno degli artigiani locali imparando ad incidere le lame di coltelli ed asce. Mentre lavoriamo nel retrobottega iniziamo a chiacchierare con due pescatori del paese che si offrono di portarci a pescare la sera stessa.

La particolare tecnica utilizzata dai pescatori locali è caratterizzata da tre fasi molto importanti.
Con una barchetta a remi ci si avvicina ad un tratto roccioso di costa e si inizia a calare la rete spostandosi parallelamente alla riva a pochi metri da essa. In questa fase non si parla, non si accendono luci, non si scattano foto, non si respira. Buio totale e silenzio spezzato solo dalla ritmica leggerissima remata di uno dei due pescatori.
Nella seconda fase si torna indietro passando nel corridoio creato tra la rete e gli scogli e si inizia ad urlare, illuminare la superficie del mare, e battere l’acqua con una sorta di gigantesco sturalavandino. Tutti i pesci si svegliano terrorizzati e scappano verso il mare aperto finendo dritti dritti nelle maglie della rete. 
Fase tre. Si tira su la rete e si va a casa del pescatore più anziano per un’ottima grigliata.

Purtroppo a causa della barriera linguistica mi sono perso un lunghissimo racconto sulle mafie locali. I “Black Sea Men”, grazie alla loro nota aggressività, sono da sempre i preferiti da queste organizzazioni persino a livello nazionale. A serata inoltrata si finisce col discutere di religione per un paio d’ore. Kutay (il ragazzo che mi ha ospitato) ci ha permesso di comunicare con una fantastica traduzione simultanea turco-inglese ed inglese-turco.


Tirando su le reti e sognando già la grigliata.

Le coltivazioni di piante da tè.


5 Aprile. Giornata interamente dedicata a completare il tour della cucina turca. È il mio ultimo giorno in Turchia e voglio essere sicuro di non essermi perso nessuno dei piatti locali che meritano di essere provati.



6 Aprile. La mattina riparto per l’ultima tappa in Turchia. Sono diretto verso Gurgen, un paesino nell’entroterra dove sembra che un architetto locale abbia costruito una casa sospesa con funi d’acciaio. Nonostante una ragazza turca abbia scritto una tesi di laurea su quest’incredibile costruzione, le informazioni disponibili sono pochissime e difficilmente reperibili.
L’uomo che abita nella cascina accanto a questa bizzarra costruzione è stato marinaio per parecchi anni e ricorda ancora un po’ d’inglese. Mi racconta numerosi aneddoti su questo presunto architetto e lo definisce varie volte come un “Rasta man”. L’uomo che ha costruito questa casa la ha tirata su da giovane con l’aiuto di un paio d’amici. Nessuna nozione di scienza delle costruzioni, solo un ottimo senso pratico.
Le parti girevoli dell'abitazione, progettate per essere spinte dal vento, sono state costruite per andarci a fumare marijuana e godersi un mondo ancora più instabile.
Purtroppo non riesco ad incontrare questo misterioso “Rasta man” perché, pur avendo più d’ottanta anni, è in giro per comprare dell’erba.

La casa sospesa: stazione per le previsioni meteo.
La casa sospesa, corpo centrale.


Nel pomeriggio passo il confine con la Georgia e mi avvio verso Tbilisi dove, tra un paio di giorni, dovrei ritirare gli ultimi documenti che non sono riuscito ad ottenere prima di partire.

Un tuffo nel Mar Nero è d’obbligo. 17% di sale e temperatura di 10 gradi: sembra più un lago che un mare. (la salinità del mediterraneo è 38%!)

La sera mi fermo per fare rifornimento in un paesino di quattro case lungo una strada sterrata. Il proprietario della pompa di benzina si offre di ospitarmi a casa sua e, valutata la situazione, decido di rimanere. Vengo presentato all’intero villaggio: tre numerosissime famiglie per un totale di una ventina di persone. Dopo essere stato rifocillato a dovere con una tavola imbandita di cibi buonissimi, hanno tentato invano di spiegarmi tutte le parentele tra i presenti.

Trascorro la serata con una lunghissima lezione di Georgiano con uno dei ragazzi del paese. Un alfabeto di trentatré lettere che ho tentato di tradurre in italiano con scarsi risultati.
A fine serata, pur non avendo imparato l’alfabeto, ero però in grado di formulare qualche semplice domanda, presentarmi e ringraziare per l’ospitalità.


Ingresso in Georgia. Primo impatto con la segnaletica stradale.


7 Aprile. Arrivato in cima al passo sono dovuto tornare indietro a causa di un consistente manto di neve che copriva ancora la strada. Sulla via del ritorno ho dato un passaggio ad un poliziotto che, senza allacciarsi la cintura, ha dormito tranquillamente per più di un’ora nel sedile del passeggero. Poco più tardi vengo fermato e multato da una pattuglia della polizia perché sto uscendo da un parcheggio per chiedere informazioni e non ho ancora allacciato la cintura.

La guida in Georgia è assolutamente folle. I doppi sorpassi simultanei sono cosa normale ed avvengono in continuazione. Sembra di giocare a Space Impact. Con l’unica differenza che qui è vietato fare game over.

(Per doppio sorpasso simultaneo intendo una macchina che supera un’altra vettura che è già in sorpasso. Il tutto su una statale con due corsie in totale.)



8-9 Aprile. Due giorni di lunghe passeggiate sotto la pioggia nella vecchia Tbilisi. A pochi metri di distanza da modernissimi edifici con le forme più improbabili, sono ancora presenti moltissime vecchie case comunitarie risalenti al periodo di dominazione dell’URSS.

Ecco alcune curiosità che spiegano gli avvenimenti dei giorni precedenti.

Le assurde parentele durante le presentazioni nel villaggio erano dovute semplicemente ad un problema di traduzione. In Georgia mamma si dice “deda”, papà si dice “mama” e “papa” è il nonno.

La strada di montagna che volevo percorrere è ancora chiusa solo per ragioni politiche. Attraversa una zona di confine che ha stretti legami con la Turchia ed il governo preferisce non spalare la neve e non asfaltare la strada per rendere più difficili i contatti con il lato turco.

La polizia non è interessata agli eccessi di velocità o ai sorpassi folli ma guai ad attraversare col rosso, sostare a bordo strada o guidare senza cintura. Inoltre, mentre in Armenia la corruzione è pratica largamente diffusa, in Georgia si rischia la galera anche solo per aver tentato di corrompere un poliziotto per farsi cancellare una multa.


Tbilisi. Moderno ponte sul fiume Kura.


Cortile interno di una tipica casa comunitaria del centro storico.

Saldatura dei cavi elettrici nel tombino sotto casa. Un'intera giornata di lavoro per completare metà delle connessioni.


giovedì 4 aprile 2013

Ospitalità curda.



1 Aprile. Dopo essere stato svegliato nel mezzo della notte da due contadini che volevano sapere cosa stessi facendo, crollo di nuovo e dormo fino alle nove, incurante del sole già alto nel cielo.
Sulla strada per Diyarbakir do un passaggio ad un ragazzo diciottenne che, come buona parte della popolazione, parla solo turco. Mi lascio guidare verso la sua scuola dove, a quanto avevo capito, voleva cercare un insegnante d’inglese per comunicare con me. Mobilita l’intero corpo docente, andando da un piano all’altro e, dopo una buona mezzora, quattro tazze di tè ed infinite strette di mano, mi passano una ragazza al telefono che finalmente parla inglese. È la figlia di un insegnante di letteratura che si propone di portarmi in giro per la città. Accetto ben volentieri e, salutati tutti i presenti, mi avvio con il ragazzo verso il luogo dell’appuntamento. Una volta lasciatomi nelle mani di questa ragazza e delle sue amiche, il ragazzo ci saluta e scompare tra la folla. Passo l’intera giornata sorseggiando tazzine di tè sulle mura, nei mercati, nei baretti a bordo strada e facendo lunghe chiacchierate sull’attuale situazione curda.

Qui la polizia è sempre in tenuta antisommossa e gira con mezzi corazzati che sembrano più carri armati che automobili.  Nonostante Abdullah Öcalan, leader dei curdi, abbia dichiarato la cessazione delle ostilità da parte dei suoi uomini, aerei ed elicotteri militari sorvolano la città in continuazione e si dirigono verso le montagne per bombardare i nascondigli di questi militanti del PKK. La situazione è molto tesa. L’intera popolazione nutre un odio profondo per i poliziotti turchi che vengono da tutti considerati alla stregua di invasori. Dizionari, stampa locale ed ogni forma di curdo scritto sono considerati illegali.

La sera le ragazze mi hanno portato ad una manifestazione per la liberazione del loro leader, dove erano presenti tutte le madri dei giovani fatti scomparire dalla polizia negli ultimi anni.
Per la notte, mi hanno trovato posto da una giovane coppia appena conosciuta nella libreria dove ci eravamo dati appuntamento la mattina.
Buonissima cena a base di vino rosso di Mardin e zuppa di testa di manzo. Sul bancone del locale c’erano quattro vassoi pieni di carne lessata con un aspetto poco rassicurante. Cervello, lingua, guance ed occhi. Una cucchiaiata da ognuno, un mestolone di brodo e via in tavola accompagnato da insalata, sottaceti ed una cipolla cruda.


L'ennesimo tè della giornata. Questa volta in cima alle mura di Diyarbakir.

Colazione con olive piccanti, frittata, formaggi e verdure.


2 Aprile. Mattina ancora a spasso per la città con i miei nuovi amici. Pomeriggio 500km in auto con destinazione Trabzon. Notte in cima ad un passo ad un’ora dalla città, pronto per scendere presto la mattina seguente e recarmi al consolato Iraniano per il visto.

3 Aprile. Sono davanti al consolato all’orario d’apertura. Entro e mi siedo accanto alla scrivania della segretaria che continua tranquillamente una telefonata personale per una buona mezz’ora.
Alla fine attacca la cornetta e si gira verso di me. Ha un’occhio azzurro ed uno marrone.
Mi fa compilare un paio di moduli, sfoglia il passaporto, mi dà le indicazioni per la banca dove andare a pagare il bollettino e mi dice di passare alle quattro del pomeriggio a ritirare i documenti (ad Ankara, per farsi rilasciare il visto servono da una a due settimane).
La sera sono ospite da un ragazzo che abita in un paesino sulla costa del Mar Nero e sta studiando per diventare capitano. In casa ci sono anche altri due ospiti: uno spagnolo ed una russa che stanno andando verso l’Italia in autostop. Purtroppo vado nella direzione opposta.