11-12 Luglio. Da
Attappeu ci dirigiamo verso ovest su quella che sulla nostra cartina è indicata
come una principale. 130km di pista in terra battuta, attraverso la giungla tra
fango e guadi, ci separano dalla nostra apparentemente vicina destinazione. Nei
tratti peggiori in cinque ore riusciamo a procedere di soli 20km. Assolutamente
impreparati ad un tale percorso ci troviamo a chiedere ospitalità ad una
capanna in mezzo alla foresta. Fortunatamente ci accoglie una gentilissima
famigliola che ci offre un semplice piatto di riso per rifocillarci, delle
bacinelle d’acqua
per lavarci e un
tetto sotto cui dormire.
Due giorni
impegnativi ma semplicemente fantastici.
Nel pomeriggio
del secondo giorno, dopo aver attraversato l’intera riserva naturale,
giungiamo infine sulla strada asfaltata che segue il corso del Me Khong (Mekong)
da nord a sud. Un passaggio nel cassone di un furgone e siamo davanti alla
zattera che porta sull’isola di Khong.
Trascorriamo la
notte in una delle palafitte di un tempio buddista.
(71km + 80km in
sella)
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I primi
chilometri fino al paesino di Samanxai. La strada è ancora in ottime
condizioni.
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Toboga di fango.
Se non fosse stato per la pozza in cui terminava ci avrei fatto un giro
volentieri.
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La strada non promette bene, ma è ancora percorribile. |
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Guado critico al tramonto. Unica soluzione: smontare tutto e portare un pezzo alla volta fino all’altra sponda. |
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Le prime luci
dell’alba: sveglia nella palafitta in mezzo al parco naturale.
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Ancora quella
“strada” che sarebbe dovuta essere una principale a due corsie…
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La zattera che ci
ritraghetta nella civiltà: la via rimane sterrata ma ricompaiono le persone, i
villaggi e l’acqua potabile. Peccato che il maiale non fosse proprio entusiasta
della traversata…
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Risaie laotiane.
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13 Luglio. Dopo
una attenta lettura delle mappe, onde evitare di andare a perderci su qualche
altro sentiero selvaggio, decidiamo di entrare in Cambogia dal confine più
vicino. Grosso errore di valutazione: la dogana non esiste! Dopo un paio di
attraversamenti dei rami del Me Khong ci troviamo in una delle aree più remote
della Cambogia senza un regolare visto di ingresso.
Troppo tardi per
tornare indietro. Sperando di non essere fermati prima di arrivarci,
risolveremo il problema alla dogana di uscita dal paese.
(35 km in sella)
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Attraversamento
del Me Khong. La Cambogia ci aspetta senza alcuna formalità sull’altra sponda.
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Ancora una notte
in tenda soprelevata. Questa volta invitati dalla signora della palafitta
accanto, che ci permette di accamparci nella sua futura dimora che al
momento è ancora in costruzione.
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14 Luglio. In
queste regioni della Cambogia le strade sono sterrate ma fortunatamente
percorribili. Ogni tanto si riesce persino a farsi dare uno strappo dai
rarissimi fuoristrada di passaggio.
È da qualche
giorno che non c’è più alcuna corrispondenza tra i nomi sulle mappe e quelli
reali. Il motivo rimane un mistero, l’unica certezza è che farsi dare delle
indicazioni corrette diventa pressoché impossibile.
La sera riusciamo
ad arrivare nei pressi di Koh Ker: una delle antiche capitali dell’impero
angkoriano (930 d.C.). Piantiamo la tenda in mezzo alla giungla all’interno del
sito archeologico. Nonostante il caldo, la tenda rimane ben sigillata: è
bastato fare due passi con la torcia tra i monumenti per essere presi d’assalto
da insetti e aracnidi poco amichevoli, meglio evitare che entrino in tenda.
(38 km in sella, terza bucatura in bici)
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Risaie
cambogiane.
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15 Luglio. In
mattinata visitiamo il sito, che si rivela abbastanza deludente. Nel pomeriggio raggiungiamo il mercato di
Siem Reap dove continuiamo il nostro tour della cucina di strada: ogni giorno
compare una nuova ricetta o uno spettacolare coloratissimo frutto. Impossibile
descriverli, vanno provati!
Notte in tenda
nei pressi dei più famosi templi di Angkor: domani ci aspetta una tipica
rilassante giornata da turisti.
(91 km in sella)
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Mercato di Siem
Reap: pulizia delle orecchie giornaliera.
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Bellissimo esemplare di ragno gigante. |
16 Luglio. Visita
allo straordinario complesso dei templi di Angkor. Tutti questi edifici sacri
risalgono ai seicento anni di impero khmer noti come periodo angkoriano (IX -
XIV secolo d.C.).
Non un raggio di
sole in tutto il giorno. Quando c’è da pedalare splende sempre, quando c’è da
scattare qualche foto scompare regolarmente sotto una coltre di nubi.
La sera chiediamo
il permesso per montare la tenda sotto una tettoia nei pressi di Kompong Pluk.
Permesso accordato: iniziamo a montare. Nel giro di qualche minuto si forma il
classico capannello di curiosi, ma questa volta c’è anche un poliziotto. Un
paio di telefonate e, per la nostra sicurezza, l’agente ci scorta in un posto
più idoneo a piantare la tenda.
La situazione è
paradossale: siamo clandestini in Cambogia e ci stiamo apprestando a
trascorrere una notte in caserma su invito della polizia…
(68 km in sella)
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Il Bayon: uno dei
principali templi angkoriani.
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Alcune delle
centinaia di volti di Avalokiteshvara scolpiti sulle guglie del Bayon.
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Veduta dalla cima del Baphuon. |
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Porta
settentrionale dell’Angkor Thom.
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Resti del Ta Nei immersi nella giungla. |
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Radici colossali
avvolgono i resti del Ta Prohm.
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